“Il povero non è un peso, ma un valore”, l’omelia del Giovedì Santo del vescovo Urso

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Non ci può essere alcuna delega nella vicinanza e nell’amore per i poveri“.

Parole di grande forza quelle che il vescovo Paolo Urso ha pronunciato nell’omelia del giovedì santo, in una Cattedrale stracolma di gente.
Tantissimi soprattutto i ragazzi provenienti dalle varie parrocchie della diocesi.

All’inizio dell’omelia, il vescovo ha voluto rinnovare la gratitudine: “a tutte le comunità per la loro presenza nella Chiesa”. E ha aggiunto: “Questa grande presenza di ragazzi, educatori, sacerdoti, ministri, religiosi manifesta la bellezza della nostra Chiesa”.
Un pensiero è andato a Papa Francesco, al Papa emerito Benedetto, ai vescovi di origine ragusana e ai missionari iblei sparsi per il mondo. In particolar modo ha chiesto di pregare per Salvo, Angela e Josè Macca, una giovane famiglia vittoriese che presta la propria opera missionaria in Cile.

E poi il ricordo di Giovanni Paolo II, nel decimo anniversario della morte (il 2 aprile 1995). Nella celebrazione della messa è stato utilizzato un corporale appartenuto al Santo Papa polacco, donato alla Chiesa ragusana dal suo segretario. Usando le parole del Concilio, il vescovo ha chiesto a tutti di “circondare di affettuosa cura i più poveri, i deboli, gli emarginati, i malati”. “Ma chi sono i poveri? Sono coloro che non arrivano a fine mese, quanti hanno perso il lavoro o che non riescono a trovarne uno. Ma ci sono altre povertà. Poveri sono gli uomini e le donne soli, percorrono la loro vita senza sentire il calore di un’amicizia. Ragazzi tristi, senza passione, senza gioia né speranza. Persone che non sanno amare e che non si sono sentite amate“. Che fare con queste persone? “Dobbiamo considerarle carne di Cristo come ci chiede il Papa – ha detto il presule – per non essere cristiani inamidati”.

Che fare dunque? “Innanzitutto non vergognarsi di stare con loro, non avere ripugnanza nel toccare la carne di Cristo. Dobbiamo annunciare loro la buona notizia. Dobbiamo dire loro: tu vali, così come sei. Il povero non è un peso, ma un valore. Non basta scrivere sui muri che Dio ama, bisogna testimoniarlo concretamente, perché i nostri fratelli sappiano di essere amati, da Dio e da noi. Dobbiamo dire loro: noi ci prendiamo cura di te, abbiamo fiducia in te e nelle tue capacità e tu devi avere fiducia nelle tue qualità. Dobbiamo dire al povero tu puoi essere nostro maestro, perché sono i poveri che ci annunciano il Vangelo”.

Un forte appello affinché ci si impegni concretamente contro le ingiustizie. “Non diciamo, alle persone che sono vittime di ingiustizie causate dagli uomini, sia fatta la volontà di Dio. No, quell’ingiustizia non è qualcosa che vuole Dio, è causata dagli uomini. Ci si chiede perché ci dev’essere chi sta sempre più in basso e chi sta sempre più in alto: quello non è Dio a volerlo. Per questo dobbiamo offrire segni concreti di speranza”.

Un appello forte, ancorato saldamente al messaggio biblico, un cammino che parte dal “cambiare il cuore”. Un appello continuo in questi tredici anni di episcopato (l’anniversario il 12 aprile prossimo). Non a caso il motto episcopale di monsignor Urso è: “Il suo amore è per sempre“, tratto da un salmo.

Nel corso della celebrazione sono stati benedetti gli oli che verranno utilizzati per amministrare i sacramenti in tutte le parrocchie della diocesi. I sacerdoti hanno anche rinnovato le promesse fatte nel giorno della loro ordinazione. E al termine della celebrazione, con grande gioia, il vescovo ha annunciato che il sei maggio, data d’istituzione della diocesi di Ragusa, ordinerà quattro nuovi diaconi in Cattedrale.
Tutti e quattro sono ragusani: fra’ Gianni Iacono, carmelitano, e i tre seminaristi Giovanni Filesi, Giuseppe Iacono e Francesco Mallemi. Quest’ultimo fratello di don Salvatore, parroco a Vittoria. Nel corso di una celebrazione che si terrà ad Acate, invece, riceverà l’accolitato Fabio Stracquadaini.