Vittoria, la città che vorrei

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Tra vecchi e nuovi candidati, tra polemiche precostituite e veleni sotterranei appare necessario e improcrastinabile invece pensare al futuro di Vittoria, un progetto per il prossimo decennio per una città che si dibatte tra l’exploit del suo vino Cerasuolo docg, cui fa da contraltare la crisi dell’ortofrutta che ha decretato alla fine degli anni ’90 il suo ‘boom’ economico; e il suo sviluppo urbanistico in sintonia con la programmazione voluta dall’ingegnere Susani che firmò il Piano Regolatore Generale alla fine degli anni ’80 che resta una pietra miliare per la pianificazione urbana di Vittoria e il suo sviluppo culturale tenendo conto di una società sempre più multirazziale dove alla massiccia presenza magrebina si è aggiunta quella romena, polacca e cinese. Capitolo a parte merita lo sviluppo turistico di Scoglitti che non può vivere di quello tipicamente indigeno ‘mordi e fuggi’.

Di fronte a questi scenari non bisogna cadere nell’ovvietà dello scontro politico tra destra e sinistra, tra chi ha gestito la cosa pubblica e chi si appresta a farlo, ma di avviare una riflessione ‘alta’ sul futuro di un territorio che ha potenzialità di sviluppo enorme anche per la capacità imprenditoriale della sua gente, da tutti riconosciuta come vivace e intraprendente, volitiva e laboriosa. Da questo presupposto bisogna partire e coinvolgere nuove e vecchie generazioni in un progetto di città amata e benvoluta dove tutti, nel loro piccolo e grande contributo si sentono protagonisti attivi. Bisogna riscoprire l’orgoglio di sentirsi ‘amministratori’ di questa ‘bella città’ senza demandare agli altri il compito ma assumendo un ruolo propositivo.

Oggi gli italiani (ulteriormente assordati da populismi facili e di piazza), sembrano aver perso del tutto la rotta. La bussola è impazzita. Non segna il nord. Non segna più nulla. Riescono a litigare anche su Checco Zalone e sul suo cinema: se è qualunquista o è buonista, se è vuoto o propositivo? Emerge un decadimento diffuso e collettivo che si riverbera a maggior ragione nei piccoli centri quando si parla delle problematiche cittadine. Siamo tutti più polemici, litigiosi, sordi alla dialettica, offensivi (a volte senza nemmeno la consapevolezza di esserlo) ma soprattutto non conosciamo la grande arte dell’ascoltare, del confronto, dello scambio di riflessioni che era ed è sempre stato patrimonio dei nostri padri e dei padri dei loro padri. Non voglio buttarla sul nostalgico ma questo ragionamento mi serve per rilanciare quel ‘protagonismo’ positivo di cui parlavo prima che sta alla base di una nuova stagione politico-amministrativa per Vittoria. Non accetto neanche le diagnosi di qualche solone pessimista che invita ad andarsene. Bisogna invece restare e far qualcosa per aiutarla ad essere più bella, accattivante e intraprendente questa città.

Ho sentito nelle ultime due settimane le riflessioni di don Beniamino Sacco e di don Franco Ottone, due preti di strada come li chiamerebbe Papa Francesco, che credono in una Vittoria bella e protagonista, in una città normale che si vuole bene e che vuole migliorarsi ma anteponendo la gentilezza, la semplicità, la correttezza e l’onestà (soprattutto intellettuale) dei cittadini e dei futuri amministratori.

Tutto questo è possibile in un rinnovato circuito virtuoso capace di coinvolgere tutti affinché nessuna categoria si senta più povera e soprattutto depauperata dal diritto alla speranza e ad un futuro migliore. Un protagonismo virtuoso che coinvolga in prima battuta i dipendenti comunali che sono gli ‘strumenti’ necessari affinché la città sia amministrata meglio, in uno spirito di servizio costante e diligente per favorire la qualità dei servizi offerti alla comunità; ma che coinvolga anche gli imprenditori di questa città che devono ritrovare lo spirito forte e innovativo di intestarsi progetti di rilancio per la serricoltura e il turismo coniugando non solo i giusti interessi personali ma anche quelli collettivi che giovano alla crescita economica e sociale di Vittoria mettendo al servizio del territorio la loro esperienza e managerialità.

Così come un virtuoso protagonismo devono metterlo in campo gli intellettuali, uomini di arte e scrittura, che, pur da posizioni critiche, possano favorire la crescita di una città alle prese con un’emigrazione intellettuale che di fatto la impoverisce e, infine, il cittadino comune anche nel suo piccolo (grande) contributo di rispetto delle regole fatto anche di quotidiani gesti come la salvaguardia e tutela dell’ambiente, la pulizia delle strade e la convivenza civile.

Vittoria chiede una stagione di straordinaria normalità consapevole che ha le potenzialità per essere una città protagonista del Mezzogiorno ma con la paura di confrontarsi con una crescente diseducazione civica e soprattutto con un abbassamento e un annientamento della cultura e della dialettica cui vorrebbero portarla protagonisti vecchi e nuovi in nome di ripicche o di fazioni precostituite. Conta invece capire quanto Vittoria conta per ognuno di noi e mettersi al lavoro per darle un nuovo motore.