Ex scalo merci, il sindaco ‘snobba’ gli architetti e tira diritto

586

Riceviamo e pubblichiamo la nota della Fondazione Arch e dell’Ordine degli architetti della provincia di Ragusa:

“Apprendiamo che l’Amministrazione comunale di Ragusa ha provveduto, lo scorso 30 dicembre, all’affidamento di un incarico professionale per la redazione di un masterplan per la riqualificazione urbana dell’area ex scalo merci. Tale incarico ha come oggetto “l’elaborazione di un documento programmatico, supportato da elaborati grafici, che sia utile a definire gli indirizzi strategici e le modalità operative attraverso i quali l’Amministrazione stessa potrà raggiungere l’obiettivo di una riattivazione delle parti inattive del proprio territorio comunale, in particolare risolvendo anzitutto l’ambito dell’ex scalo merci, per consegnare alla comunità ulteriori spazi abitabili e rafforzare i sistemi circostanti già consolidati”. E’ stata individuata l’arch. Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, supportata da un gruppo di lavoro formato dagli arch. Sara Marini e Alberto Bertagna, quale soggetto a cui affidare lo sviluppo di tali strategie di attivazione dell’ambito dello scalo merci, attraverso la definizione di una metodologia di lavoro critico che possa guidare anche il processo di studio e di ridisegno di altri ambiti del territorio comunale.

Pur manifestando una grande stima nei confronti dell’arch. Grasso Cannizzo, alla quale sono riconosciute grandi qualità e competenze, non possiamo però non esprimere il nostro disappunto nei confronti delle scelte operate dall’Amministrazione comunale poiché, pur avendo lavorato inizialmente in grande sintonia con la stessa, anche mediante l’organizzazione del seminario “Ri_pensare i vuoti”, svoltosi il 15 giugno scorso al City presso il parco Giovanni Paolo II a Ragusa fornendo spunti di metodi e possibili approfondimenti, non siamo riusciti ad incidere sul “modus operandi”.

Successivamente abbiamo proposto all’Amministrazione un passaggio intermedio, un percorso di studio e di analisi sulla città tutta e nello specifico sul tema delle aree urbane dismesse.

La nostra proposta prevedeva un laboratorio/riflessione sulla città, contenuto in un arco di tempo limitato, con il carattere di una consultazione aperta a contributi esterni e partecipata, con l’obiettivo di individuare nuove e antiche relazioni, le questioni strutturali, le risorse palesi, visibili e quelle non visibili.

Il fine era quello di definire le future azioni urbane concrete e precisare i temi per il lavoro successivo, sia di natura complessiva che puntuale.

Il laboratorio, gestito dalla Fondazione con il supporto dell’ordine degli architetti, d’intesa e con la collaborazione degli uffici tecnici del Comune, che già in occasione del seminario del 15 giugno scorso avevano dimostrato le loro competenze, sarebbe divenuto un’occasione di ulteriore coinvolgimento per giovani professionisti e strumento eccezionale di formazione e crescita.

Attraverso i gruppi di lavoro e con il coinvolgimento delle associazioni e di altre figure professionali (artisti, fotografi, critici, ecc.)

Questo laboratorio avrebbe potuto rappresentare anche la base per lo sviluppo di una nuova struttura di lavoro per l’Amministrazione, un “Ufficio progetti” per la città da affiancare all’Ufficio di piano e all’Ufficio tecnico già esistenti e che sono impossibilitati, per deficit oggettivamente strutturali, a sviluppare quanto suggerito.

Inoltre il laboratorio avrebbe potuto rappresentare un punto di partenza ideale per la pianificazione delle future azioni sulla città. Pensiamo ad esempio al lancio di concorsi di architettura, che avrebbero potuto contare così su basi solidissime fatte di richieste chiare, programmi definiti, premesse indispensabili per la loro complessiva riuscita.

La scelta dell’Amministrazione, dell’affidamento diretto, va esattamente nella direzione opposta a quella auspicata, nella consapevolezza che la metodologia proposta sia certamente la più corretta per pianificare una strategia di intervento, puntuale e generale, sulla città”.