Stefano Meli presenta il suo ultimo lavoro “Apache” il 28 luglio a The Globe

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Foto di Marcello Bocchieri

Qualcuno in passato, recensendo un suo precedente disco, lo ha definito un “bluesman d’indole e d’adozione”. E forse questa, tra le tante possibili, è la definizione che meglio coglie la cifra stilistica e umana di Stefano Meli, chitarrista blues ragusano, che giovedì 28 luglio presenta sul palco di The Globe, a Ragusa, il suo ultimo lavoro Apache, uscito lo scorso giugno per l’etichetta indipendente catanese Viceversa Records.

Ottavo disco solista per un musicista che, dopo aver dato vita negli anni Novanta a una storica band come La Casbah e poi aver collaborato ai progetti collettivi Caruana Mundi e Kolarov, nonché con musicisti, poeti, scrittori e artisti come Marco Steiner, Peppuccio Schembari e Guglielmo Manenti, ha percorso negli ultimi dieci anni la strada di una ricerca individuale coraggiosa e coerente, addentrandosi nei territori meno battuti del blues psichedelico, ma con radici profondamente legate alla tradizione blues delle origini, a una cultura e un immaginario di cui Meli è appassionato conoscitore e che reinterpreta e attualizza in modo del tutto originale e personale. Così come i suoi lavori precedenti, tra cui No Human Dream presentato dal vivo a “Stereonotte” su Rai Radio 1 nel 2017, anche quest’ultimo disco ha ottenuto importanti riconoscimenti dalle più prestigiose riviste musicali italiane (“Rumore”, “Buscadero”, “Mescalina”, “Rockit”) e, a distanza di due mesi dalla pubblicazione, ha già varcato i confini nazionali con diverse presenze in trasmissioni radiofoniche estere.

Apache è un concept album registrato in un solo giorno, in presa diretta, in un’antica casa di campagna con pochi, essenziali strumenti: chitarra elettrica, amplificatore, banjo e un paio di delay analogici riverberati naturalmente dalla ruvida pietra iblea. Una scelta artistica decisamente in controtendenza rispetto alle proposte attuali del mercato discografico, un disco radicale, per le intenzioni dell’esecuzione e per il posizionamento esistenziale del suo autore.

Apache è infatti il racconto di una ricerca ostinata e contraria della libertà a tutti i costi: una famiglia di cani randagi che si sottrae alla volontà degli umani di rinchiuderli dentro gabbie materiali e concettuali, una resistenza alla domesticazione che non può conoscere esitazioni o compromessi, pena la perdita della propria identità. Da qui, da una storia vera, Meli trae ispirazione per il suo viaggio attraverso le strade impervie e desertiche che portano verso la liberazione e l’affermazione di sé e della propria unicità. A raccontare anche in immagini questo viaggio, il videoclip del secondo brano, Lakota, realizzato da Marcello Bocchieri con le animazioni di Gaetano Mangano, che firma anche la copertina del disco.

Sin dal titolo dell’album e poi delle nove tracce, il rimando ai popoli nativi americani crea una connessione tra le resistenze e le migrazioni di ieri e di oggi, siano esse umane o animali, poco importa. Nel suono sporco, polveroso della chitarra di Meli c’è una dichiarazione di vicinanza a tutti i nomadi della terra, anch’essa radicale e senza tentennamenti, che colloca Apache in una chiara e decisa linea di continuità con il precedente Stray Dogs (Viceversa Records 2020).

Apache è infine un viaggio psichedelico dentro le sonorità ipnotiche e avvolgenti, a tratti malinconiche fino allo struggimento, a tratti acide, taglienti, disturbanti, che Stefano Meli riesce a tirare fuori dalla sua chitarra, alla ricerca continua di un suono, quel suono, capace di esprimere ancora una volta le infinite ed eterne solitudini di noi esseri viventi. E in questa capacità si sostanzia, in definitiva, la vera anima del blues e l’indole di ogni autentico bluesman.

Ore 22, via G. Spampinato 12, Ragusa.