Se la sofferenza mette alla prova la civiltà

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Un medico e un infermiere per un pronto soccorso che deve far fronte alle richieste di un comprensorio formato dalle città di Modica, Scicli, Ispica, Pozzallo e Rosolini. Accade, ormai da troppo tempo, al pronto soccorso dell’ospedale “Maggiore” di Modica. Una sala d’attesa angusta, un altro spazio immediatamente a contatto con la sala chirurgica e con quella medica dove vengono “parcheggiati” i pazienti che, quasi sempre, hanno bisogno di far ricorso all’assistenza di un parente per la carenza di personale infermieristico e ausiliario. E se il medico di turno, con la situazione logistica che si ritrova, cerca, ogni giorno, di fare miracoli per svolgere al meglio il suo lavoro, altri miracoli – questa volta di pazienza – sono richiesti a chi “bivacca” nella sala d’attesa, ore e ore, per essere visitato dal medico. Il pronto soccorso del “Maggiore” di Modica aspetta di essere ristrutturato o trasferito in locali più ampi e funzionali. Aspetta anche un finanziamento che, a quanto pare, non arriverà. Inutili le proteste e le segnalazioni degli utenti; inutili gli appelli dei responsabili del reparto; inutili le richieste del direttore sanitario ai vertici dell’Azienda sanitaria provinciale di Ragusa. A chi bisogna rivolgersi per far valere un diritto? Il cittadino, esasperato, spesso, ingiustamente, se la prende con i medici e con gli infermieri i quali, dal canto loro, non hanno sempre la necessaria serenità per far fronte alle richieste degli utenti. Ma è necessario andare oltre le proteste. Bisogna cercare e trovare le soluzioni da parte dei vertici dell’Asp. Servono buona volontà e competenza. Ma, anche,  senso di civiltà. Perché un Paese civile non abbandona al loro destino chi soffre ed ha bisogno di cure e di calore umano.