La Banca sul caso Guarascio: “I fatti escludono nostre responsabilità”

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Avremmo preferito di gran lunga il silenzio. Il nostro modo di portare rispetto al dramma vissuto dalla famiglia Guarascio. Ma non ci è stato possibile. Abbiamo letto ed ascoltato in questi giorni tante affermazioni prive di senso, e soprattutto improprie ed offensive. Che la BAPR “ha portato via alla famiglia Guarascio la casa per un  credito di 10.000,00 euro”. Qualcuno, in seno a trasmissioni televisive, ha posto l’interrogativo “Esiste ancora in Italia il diritto alla casa?” e giù contro la Banca che aveva violato tale diritto. Qualcun’altro ha avanzato nei confronti della Banca l’incredibile ipotesi di reato di “istigazione al suicidio”.

E così abbiamo deciso di portare a conoscenza del pubblico i fatti veri e concreti di questa vicenda. Che sono questi.

Con atto in notaio Longobardo del 26.10.1990, è stato concesso al sig. Guarascio Giovanni un mutuo di Lit. 40.000.000 per il completamento della sua casa di abitazione in Vittoria. Successivamente gli venne accordato un altro credito di Lit. 5.000.000.

Ne fu sicuramente grato e felice Giovanni Guarascio. La Banca gli aveva dato fiducia e l’aveva messo in condizione di realizzare il sogno di avere una casa.

 Purtroppo, dopo qualche tempo, Guarascio non ce la fa, mostra segnali di difficoltà e di inadempienza, tanto che la Banca è costretta a notificargli, nel marzo 1995,  un primo atto di precetto per il pagamento di un suo credito.

Che però non ha alcun seguito, perchè la Banca, accogliendo analoga proposta dei coniugi Guarascio,  gli consente di definire l’intera posizione creditoria dietro versamento in unica soluzione di un primo acconto e per la parte restante, mediante versamenti mensili fino alla completa estinzione della stessa.

Tale piano di rientro trova adempimento solo per un iniziale periodo. Dal settembre 1998 non viene più effettuato alcun pagamento e la Banca, dopo aver atteso per ben due anni e mezzo, riavvia gli atti esecutivi procedendo nel maggio 2001 alla notifica del pignoramento immobiliare.

Nell’ambito della procedura esecutiva viene fissata dal Giudice una prima udienza di vendita dell’immobile per il 23 marzo 2006 che rimane deserta; una seconda udienza di vendita per il 4 novembre 2010 (4 anni e mezzo dopo), che va anch’essa deserta. Fino a quando il Giudice per le Esecuzioni, essendo nel frattempo mutata la relativa normativa processuale, non delega le successive operazioni di vendita ad un professionista esterno, avanti il quale seguiranno altri tre esperimenti di vendita anch’essi andati deserti.

Soltanto in data 5 aprile 2011, quando il professionista delegato ha già fissato la data del 30 aprile 2011 per la vendita dell’immobile, il Legale del sig. Guarascio comunica alla Banca la volontà di quest’ultimo di definire a saldo e stralcio l’intera propria esposizione debitoria, offrendo però un importo che la Banca non ha ritenuto di poter accettare, ma in ordine al quale si è tuttavia dichiarata disponibile “a prendere in considerazione altra proposta adeguatamente migliorata”.

Dopodichè, nessun altro contatto. Sappiamo soltanto, ma lo abbiamo appreso in questi giorni, che all’ultima asta del 26 maggio 2012 l’immobile è stato aggiudicato.

Lo sappiamo bene. Qualcuno dirà sempre che abbiamo fatto una ricostruzione solo “procedurale” della vicenda che ha riguardato la famiglia Guarascio; fatta di richiamo ad atti, date, piani di rientro, riscontri, udienze ed aste deserte.

 

 

 

 

 

 

Ma noi non conosciamo altra via per rappresentare con verità la realtà dei fatti che hanno riguardato il rapporto della Banca con Guarascio. Fatti che escludono ogni ombra di responsabilità nell’operato della Banca, contrassegnato, semmai, da un costante, quotidiano impegno per aiutare le famiglie e le imprese del territorio in questo momento  di crisi profonda e generale. Sappiamo, però, che quando una persona prova due volte ad onorare l’impegno di restituzione assunto e non ce la fa, probabilmente la responsabilità non può essere solo sua. Ci può essere stata qualche circostanza sopravvenuta che lo ha condizionato, che glielo ha impedito.

Ma sappiamo anche con sicurezza che non è nemmeno responsabile la Banca, che aspetta per un tempo di diciotto anni (dal 1994 al 2012) – quasi il doppio dell’originario piano di ammortamento del mutuo, che era di dieci anni – di vedersi riconosciuto il proprio diritto di credito. Che è suo solo giuridicamente, in virtù dell’istituto del c.d. “deposito irregolare”. Nella sostanza, esso è parte di quel “risparmio” che le è stato affidato dai clienti, protetto dalla nostra Costituzione perché strumento essenziale ed indispensabile per la crescita economica  della Nazione e che la Banca – come ogni Banca – ha perciò il dovere di perseguire.

E che il suo credito non è di 10.000,00 (diecimila) euro, come tanti si sono superficialmente affannati a precisare per scagliarsi a testa bassa contro la Banca, ma di più elevato importo , posto che le sole spese giudiziali fin qui sostenute dalla Banca ammontano ad €. 9.027,60 e manca ancora la parcella finale del Legale.

Questa è la verità di quanto ci riguarda nel dramma che ha colpito la famiglia Guarascio. E per questo la Banca fa riserva di assumere ogni opportuna iniziativa ed azione, anche in sede giudiziale, nei confronti di chiunque, utilizzando strumentalmente tale dolorosa vicenda, ritenesse di poter attentare impunemente alla indiscussa reputazione della stessa.  

 

 

Ragusa, 21 maggio 2013

 

 

Banca Agricola Popolare di Ragusa