Piccitto sui Consorzi dei Comuni: “Non sgretolare il territorio, semmai ampliarlo”

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Dopo il responso di Palazzo dei Normanni, che di fatto abolisce le province siciliane ed istituisce i Liberi consorzi di Comuni, la parola passa ai primi cittadini dell’isola, chiamati ad interpretare una riforma ancora tutta da decifrare e, contemporaneamente, a disegnare una nuova conformazione territoriale. Necessariamente si dovrà fare i conti con le aspirazioni delle comunità locali, un braccio di ferro istituzionale, una sorta di equilibrismo politico senza esclusione di colpi che, come accade nel ragusano, risveglia o meglio irrobustisce aspirazioni mai sopite di Comuni che coglieranno certo la palla al balzo per affermare una nuova leadership. Un primo approccio lo delinea il sindaco di Ragusa Federico Piccitto, verosimilmente guida del Libero consorzio che dovrà sostituire l’ente di viale del Fante.

Quali le manovre che state mettendo in campo?

Ci siamo già messi in moto per interpretare nel migliore dei modi le manovre regionali, stiamo lavorando affinché il nostro territorio sia pronto ad adattarsi anche a questo cambiamento. Ho già convocato a Palazzo dell’Aquila lunedì pomeriggio una Conferenza dei sindaci. Sarà una prima occasione per poter incontrare i primi cittadini del territorio e discutere dell’assetto che intendiamo darci come Libero consorzio.

La riforma prevede la possibilità di creare nuovi organi entro sei mesi, purché raggruppino almeno una popolazione di 180mila abitanti. Che accadrà a Ragusa?

La legge ad oggi prevede che si ricalchi la conformazione territoriale delle vecchie nove province, per cui da parte mia ci sarà il massimo impegno a non sgretolare questo territorio. Cercherò la collaborazione dei miei colleghi affinché si riesca, piuttosto, ad aggregare nuove realtà. Inviteremo quindi altri Comuni a contribuire alla nascita di un nuovo soggetto territoriale. Sappiamo che ci sono enti interessati come Mazzarrone o Licodia Eubea. Chiederemo anche a realtà limitrofe come Caltagirone. L’idea è quindi quella di aggregare non certamente disaggregare, perché a mio avviso abbiamo già perso parecchio in questo territorio in termini di risorse e di infrastrutture a causa della marginalità geografica ma soprattutto per l’incapacità, più volte manifestata, di essere un territorio coeso negli obiettivi da raggiungere. Adesso più che mai occorre, quindi, dimostrare di essere uniti.

Il messaggio che ha un destinatario in particolare, per esempio il sindaco di Modica?

Un messaggio da mandare a tutti i sindaci, questo è quello che mi propongo. Quindi anche al collega di Modica, invitato ovviamente come tutti alla riunione di lunedì.

Attualmente c’è molta confusione riguardo le possibili competenze di questo nuovo soggetto territoriale. Cosa ne pensa?

Questo un aspetto importante che anche come Anci dovremmo sottoporre alla Regione, prendendo una posizione netta. Diventa di vitale importanza sapere bene quali saranno le competenze che passeranno alla Regione e quali rimarranno nei territori. L’idea del disegno di legge è che i Consorzi dei Comuni non siano degli enti di spesa, per cui penso si preveda che molte delle attività prima svolte dalle amministrazioni provinciali dovranno ricadere sull’ambito regionale, a meno che la Regione non trasferisca ai Comuni le risorse necessarie per potere soddisfare quelle che sono le funzioni che ad oggi assicura la Provincia.

Il problema delle coperture finanziarie si preannuncia il vero cardine della questione. E’ d’accordo?

Mantenimento del personale, delle strutture viarie di competenza provinciale, degli immobili, delle le scuole. Sono tutti costi che dovranno necessariamente passare da decreti attuativi che completeranno la riforma ed essere sostenuti da una puntuale copertura finanziaria. Come sindaci non possiamo fare altro che chiedere con forza al Governo regionale che i Comuni non vengano messi in una situazione in cui non solo devono accollarsi spese insostenibili, ma anche avere ulteriori problemi legati al Patto di stabilità. Se aumentasse il numero dei dipendenti, infatti, non ci sarebbe solo il problema di garantire loro uno stipendio, ma anche di impattare in modo insostenibile sulla spesa corrente e quindi sforare il Patto di stabilità.