Stalking in crescita. Quali sono i comportamenti tipici di un persecutore?

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CHIARO

IL PERSECUTORE

Il fenomeno dello stalking è molto complesso e non omogeneo, per cui non è possibile redigere un singolo profilo psicologico-comportamentale dello stalker poiché esiste estrema variabilità tra comportamenti, motivazioni e tratti psicologici o, in alcuni casi, psicopatologici.

L’evento iniziale può essere rappresentato da una serie di pensieri e desideri (di essere amato e costruire un futuro insieme), paragonabili a quanto accade nell’innamoramento. Ciò che varia, rispetto alla “normalità” è che di fronte ad un rifiuto, lo stalker non ritira le sue attenzioni, ma pur di non rimanere sopraffatto dalle emozioni non tollerabili che vergogna e umiliazione gli provocano, svaluta il perseguitato, sottoponendolo a controllo costante (tramite l’invio di fiori, telefonate, il “far la posta”, pedinamenti, ecc.).

Lo stalker solitamente intende tutti i suoi comportamenti come legittime modalità per incoraggiare il perseguitato a cambiare idea e ad avvicinarsi a lui e, paradossalmente, in virtù del suo profondo narcisismo, egli si percepisce ferito, umiliato, offeso.

Il legame tra persecutore e vittima può essere letto comunque in chiave “relazionale”, sebbene in questo caso si tratti di una relazione disturbata, non sempre reale, a volte, fantasticata o percepita in modo soggettivo dal persecutore.
Per lo stalker qualsiasi risposta emotiva della vittima (perfino la rabbia e l’odio) sono preferibili all’indifferenza: il silenzio e la non-risposta generano un’angoscia che può tradursi nei comportamenti aggressivi a lui consueti.

In genere, chi perseguita ha uno status superiore rispetto a chi è perseguitato (un datore di lavoro, un personaggio in vista). Solitamente si tratta di un ex partner, ma può anche essere una persona con cui lo “stalker victim” non ha mai avuto contatti, se non fugaci.

 

SCURO

IL PERSEGUITATO

Varie ricerche evidenziano che la maggioranza delle vittime di stalking sono donne (in genere single, tra i 16 e i 30 anni) e che la durata delle molestie supera l’anno.

Ma, in particolare, colpisce il ruolo del rapporto esistente tra i due protagonisti: le molestie sono più pressanti, quanto maggiore era il livello di intimità tra i partner o il carico di investimento affettivo sulla vittima.
Il tipo di legame tra stalker e vittima, però, non è necessariamente legato ad una vera e propria storia d’amore, ma può sorgere anche all’interno di una relazione professionale.

È per questo che tra le vittime preferite rientrano coloro che svolgono professioni d’aiuto: medici, infermieri, insegnanti, cui vengono attribuite responsabilità relative alla salute propria o di propri cari.

Gli effetti sul molestato vanno dai sintomi fisici (disturbi del sonno, variazioni del peso e dell’appetito, stanchezza, cefalee, ecc.) a quelli psicologici (attacchi di panico, ansia, depressione, rabbia, paura, irritazione, ecc.).
I comportamenti che, di conseguenza, anche il perseguitato mette in atto, possono essere molteplici e possono intaccare anche l’ambito professionale.

Alcuni tipi di persecuzione sono tollerabili e gestibili, mentre altri (più distruttivi e violenti) possono causare ferite psicologiche più profonde o determinare vere e proprie sindromi da stress post-traumatico.

Tra i sentimenti suscitati possono esserci: insicurezza, paure, incubi, perfino sensi si colpa (per un meccanismo simile a ciò che accade nelle donne maltrattate che giustificano il comportamento del loro aguzzino accusandosi di non averlo accontentato).

Da quanto detto, si intuisce che l’intervento di sostegno alla vittima dovrebbe essere il più tempestivo possibile, al fine di consentire di alleviare il notevole carico emotivo e prevenire la cronicizzazione dei sintomi e l’eventuale incapacità a svolgere il proprio lavoro.