È tornato ad esporre a Milano con una Personale decisamente suggestiva interamente dedicata a Moby Dick, la balena che ha ispirato Herman Melville nel suo capolavoro della letteratura americana. È stata la Galleria Spazio Papel, dove la mostra è stata ospitata nel mese di novembre, a proporre la realizzazione di acquerelli, in tutto tredici, ispirati ad un testo letterario.
Simile evento sette anni fa era stato compiuto sempre da Robustelli con la Galleria Spazio Papel, riservato in quella occasione ad ‘Alice nel paese delle meraviglie’. La mostra è stata curata da Eduardo Simone. Il testo critico è stato firmato da Gianni Brunoro che ha scritto: “Diciamo innanzitutto che il suo avvicinamento all’opera è di tipo empatico-simbolico. È evidente che il suo interesse sta non tanto nel dare una rappresentazione figurativa puntuale di una scena descritta dal romanzo, ma lasciarsi piuttosto ispirare dalle atmosfere suggerite alla sua sensibilità di artista da certi personaggi con la loro psicologia, o da certi eventi nei loro significati, o da determinate atmosfere generali promanate dal romanzo. Di conseguenza, ne risultano “ritratti” di personaggi (il protagonista Ismaele, il demoniaco Achab, il saggio Queequeg…) “scolpiti” in quella stessa acqua di mare che è l’elemento naturalistico dominante della narrazione”.
Robustelli in questa Personale ha voluto conferire un aspetto intimo al racconto, nella rappresentazione della psicologia di ciascun personaggio che vive nelle pagine del romanzo di Melville. Il cammino seguito è stato scandito dall’intimità delle anime che rinascono nel personale tocco che Giovanni Robustelli ha attribuito a ciascuna.
“Ho cercato – ha spiegato l’artista – di distaccarmi dalle note immagini che sono state conferite a questo capolavoro della letteratura americana, tra balena, sangue, barche e azioni concitate per colpire i pesci con l’arpione. Ho voluto, invece, tratteggiare solo l’intimità delle varie anime che sono protagoniste del romanzo, accomunate da atmosfere acquose, come se fossero ritratte quasi sotto il pelo del mare. Identità che si perdono tra sfumature e densità dell’acqua, con pesci e sagome acquatiche che le attraversano nei tratti somatici. Anche la rappresentazione della nave baleniera è sempre avvolta in queste atmosfere rarefatte di un mare lontano. Per me rappresenta più uno stato d’animo, che la reintepretazione di un’immagine fine a se stessa che non avrebbe da raccontare oltre ciò che riproduce”.