Il papa a vescovi e preti siciliani: “Basta merletti della nonna nella liturgia!”

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Papa Bergoglio va diretto, a gamba tesa si direbbe. Anche se, in realtà, dice esattamente quello che predicava il Concilio ‘appena’ sessant’anni fa: la liturgia non sia più una passerella di antichità (peraltro, spesso, di dubbio gusto). Preti vestiti con berrette e merletti da fare invidia a un museo impolverato di quelli che viene da starnutire anche se li si vede solo in foto.

Nell’incontro con i vescovi e i preti siciliani, il papa non ha mancato di elogiare il grande lavoro svolto dalla Chiesa in Sicilia, in un contesto difficile.

Ma poi, da pastore, ha richiamato quello che i padri Conciliari (purtroppo sempre con un seguito minore tra vescovi e soprattutto tra i preti) hanno solennemente sancito anni e anni fa. La liturgia non come azione spettacolare, né – come purtroppo ancora oggi accade – esercizio di potere personale del sacerdote o del vescovo (qualche cardinale vestito in modo alquanto bizzarro, in realtà si vede pure).

 

E così Bergoglio, col suo tono intriso di humor, ha detto:

«Non vorrei finire senza parlare di una cosa che mi preoccupa, mi preoccupa abbastanza. Mi domando: la riforma che il Concilio ha avviato, come va, fra voi? La pietà popolare è una grande ricchezza e dobbiamo custodirla, accompagnarla affinché non si perda. Anche educarla. Su questo leggete il n. 48 della Evangelii nuntiandi che ha piena attualità, quello che San Paolo VI ci diceva sulla pietà popolare: liberarla da ogni gesto superstizioso e prendere la sostanza che ha dentro.

Ma la liturgia, come va? E lì io non so, perché non vado a Messa in Sicilia e non so come predicano i preti siciliani, se predicano come è stato suggerito nella Evangelii gaudium o se predicano in modo tale che la gente esce a fare una sigaretta e poi torna… Quelle prediche in cui si parla di tutto e di niente. Tenete conto che dopo otto minuti l’attenzione cala, e la gente vuole sostanza. Un pensiero, un sentimento e un’immagine, e quello se lo porta per tutta la settimana.

Ma come celebrano? Io non vado a Messa lì, ma ho visto delle fotografie. Parlo chiaro. Ma carissimi, ancora i merletti, le bonete [berrette]…, ma dove siamo? Sessant’anni dopo il Concilio! Un po’ di aggiornamento anche nell’arte liturgica, nella “moda” liturgica! Sì, a volte portare qualche merletto della nonna va, ma a volte. È per fare un omaggio alla nonna, no? Avete capito tutto, no?, avete capito. È bello fare omaggio alla nonna, ma è meglio celebrare la madre, la santa madre Chiesa, e come la madre Chiesa vuole essere celebrata. E che la insularità non impedisca la vera riforma liturgica che il Concilio ha mandato avanti. E non rimanere quietisti».

Apriti cielo: l’esercito di preti che sin dai banchi del seminario sognavano la cotta di filet (un abito liturgico che, per via della sfarzosa decorazione spesso assomiglia a una tovaglia da the degli anni ’50) piuttosto che dare un’occhiata almeno alla Gaudium et Spes, ponte della Chiesa con il mondo contemporaneo, non l’ha mandata proprio giù. Se qualcuno commenta con plausi di maniera all’uscita del Pontefice (salvo poi giurare che al suo cappello col pompon non ci rinuncerà manco morto), qualcun altro tira fuori le solite carte logore della tradizione, dell’arte e di altre amenità.

Se la Chiesa fosse tradizione immutabile come la intendono loro, dovremmo allora essere fermi alla comunità cristiana dei primi secoli. Il che, in realtà, non sarebbe affatto male!