Quando è impossibile curarsi in Sicilia: il calvario denunciato da una donna di Modica

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Non solo denunciare un caso di malasanità, ma mettere in guardia i cittadini da errori che potrebbero costare loro la vita, e tentare l’unica carta possibile per far migliorare l’assistenza sanitaria in Sicilia.
Con questo duplice obiettivo una donna modicana, che preferisce restare anonima perché ancora sotto cure mediche, ha deciso di raccontare la sua storia in una lettera rivolta anche all’Assessorato Regionale alla Salute e all’Asp iblea.

I fatti risalgono a maggio 2014, quando alla donna, dopo un esame del sangue alterato, viene consigliato di effettuare ulteriori indagini: un’ecografia, innanzitutto. “Meno di un mese dopo mi sono sottoposta all’ecografia, presso il poliambulatorio di Modica Bassa, quello che tutti chiamiamo ‘cassa mutua’ o ‘ex inam’. Ad una prima lettura, il referto mi rassicura”. E nella lettera la signora riporta il testo del referto: “Tutto regolare”, ma verso la fine invece trova scritto: “vescica scarsamente repleta con discreto versamento ascitico nello scavo pelvico” ed una indicazione quasi marginale: “Si consiglia tac”.

A quel punto la donna riesce, fortunatamente, a fare una tac d’urgenza, all’ospedale Maggiore di Modica. “L’esito è molto, troppo, diverso da quello dell’ecografia. Il referto della tac infatti parla chiaro: versamento ascitico in tutta la cavità addominale, con noduli sparsi ed infiltrati – reperti riferibili a “carcinosi peritoneale”.
“La distanza e la differenza netta tra il referto dell’ecografia con quello della tac è abissale oltre al fatto che, chi legge comprenderà, apre orizzonti e scenari di vita incredibilmente differenti“. Si legge, ancora, nella sua lettera.

Purtroppo, la tac ha ragione. E inizia il calvario.
“Medici e specialisti mi consigliano di volare sino ad Aviano, in provincia di Pordenone, dove c’è un centro oncologico particolarmente importante nel panorama della sanità italiana. Grazie ai risparmi di una vita e con la disponibilità dei miei figli e dello loro famiglie, vengo esaminata e valutata ad Aviano, dove vengo successivamente sottoposta prima ad un intervento in laparoscopia, nei giorni seguenti ad un “interventone”, così descritto dal primario del reparto di ginecologia dell’istituto sanitario di Aviano, dato che mi vengono asportate la milza, i noduli nell’addome, la colecisti, l’utero e annessi, i noduli al fegato, al torace; viene fatta la resezione di una parte del sigma-retto, insomma ‘vengo svuotata’ e vien diagnosticata ‘una carcinosi peritoneale da adenocarcinoma g3, probabile carcinoma ovaio’, tenendo presente che l’ultimo stadio della malattia è g4″.

In Italia, è stato spiegato alla donna dai medici, solo altri quattro centri avrebbero potuto seguire il caso ed operare in quel modo. Nessuno di questi – hanno detto – si trova in Sicilia.
Al danno si unisce inoltre la beffa, perché: “Al rientro, lento, alla normalità”, la donna presenta “domanda all’Asp per il rimborso delle spese mediche, di viaggio e soggiorno sostenute. Il 14 ottobre ricevo la risposta alla domanda. Ed è una risposta netta, chiara e precisa, dall’assessorato regionale alla salute. Non viene “autorizzata l’erogazione del contributo forfettario per le spese di viaggio e soggiorno, in quanto l’intervento poteva essere eseguito in Sicilia“.

“La mia rabbia”, spiega nella lettera la signora: “non è relativa alla mancata erogazione del contributo, perché fortunatamente, grazie ai sacrifici di tutta una vita, le mie disponibilità economiche non dipendono da questa contribuzione. Ma non accetto questa risposta da cittadina e da contribuente. Mi viene scritto che avrei potuto eseguire l’intervento in Sicilia. Dove? Chiedo io. Prendo per buona l’affermazione dell’assessore regionale, perché voglio concedere fiducia all’istituzione che egli rappresenta, sebbene i medici a cui devo la mia vita adesso, parlando in piena sincerità, non mi hanno citato alcuna struttura in Sicilia dove mi sarei potuta sottoporre all’intervento”.

Ciò che chiede oggi la donna è: “Come posso, da cittadina, fidarmi del sistema sanitario di questo territorio e di questa regione, se non posso fidarmi nemmeno di un semplice esame ecografico”? Qualcuno mi ha ‘sussurrato’ che il macchinario per l’ecografia in dotazione al poliambulatorio di Modica è ‘vecchio’ di oltre 18 anni ed in più di un’occasione ha dato segnali di ‘poca efficienza’. Ovviamente non posso affermarlo perché non sono né un tecnico, men che meno ho le capacità di giudicare, e soprattutto non spetta a me né controllare né chiederne la sostituzione. Se mi fossi fidata di quell’esame ecografico, oggi, probabilmente, non potrei essere qui a scrivere questa lettera“.

La rabbia della signora è rivolta all’intera struttura sanitaria dell’Isola: “Perché non mi è permesso avere fiducia nel sistema siciliano? Il mio auspicio è che chi si sottoporrà oggi o domani ad un esame, di qualunque genere, a Modica come a Ragusa, a Catania come a Palermo, possa sentirsi tutelato e possa fidarsi di quel referto, perché sa che le tasse che ha pagato saranno state impiegate per acquistare macchinari all’avanguardia, sottoposti ad un’assistenza costante, oppure saranno state utili a retribuire medici, infermieri, tecnici motivati ed appassionati”.

Amara, ma sincera, la conclusione della donna: “Non possiamo rischiare la nostra vita per la superficialità di qualcuno”.